RONDO’

Una forma ripetuta, potenzialmente all’infinito, una monotonia musicale su fondo nero. Raffaella Benetti individua nell’installazione Rondò il fulcro della mostra e la sintesi dello studio riguardante uno dei topos più frequentati nella storia dell’immagine, la Vanitas. Partendo da un approccio scultoreo della materia, l’artista elabora una serie di immagini fotografiche, fiori recisi appoggiati su un fondo monocromo nero. Forme ripetute, posizionate in successione a comporre un’ampia spirale che diventa parete. Nuova architettura in cui la musica acquisisce sostanza. Anche se il punto di partenza, la suggestione iconografica non può prescindere dalla pittura seicentesca espressione della Vanitas e da alcuni autori come Philippe Champaigne o il Guercino, Benetti non si accontenta di una forma bidimensionale, fotografia o disegno che sia, ma percepisce la necessità di trasformare il piano in scultura, in materia, in corpo. Il colore nero è sfondo, o meglio, fondo da cui far emergere un profilo, qualcosa di già colto, di reciso, una fotografia post mortem che preserva l’oggetto intatto: il fiore nella sua compostezza ed equilibrio. E il disfacimento, la superficie che muta, non è altro che una delle tante forme del Tempo. Un fondo che diventa possibilità, che è materia a sé stante, tavola su cui posare ritrovamenti fragili. Atteggiamento confermato dall’installazione La Notte d’Estate in cui viene ribadita la funzione del colore e l’impossibilità dell’opera bidimensionale di contenere e confinare la ricerca: la scultura in cera di una peonia diventa protesi, atto di trasformazione. Benetti considera la scultura come riflessione ontologica, l’immagine si fa entità fisica. Ed è in questo passaggio che il topos della Vanitas si evidenzia nella sua concretezza e originalità interpretativa: la morte è solo una delle tante esibizioni della materia. La Vanitas non è più un ammonimento, è come se Benetti rinegoziasse i termini entrò cui agire: sceglie un elemento della tradizione, il fiore reciso, lo moltiplica e lo espande, assecondando la sua metamorfosi, un’emancipazione dalla morte stessa. Anche in Passages il punto di riferimento rimane il fiore nelle sue molteplici manifestazioni: il cretto, un pezzo di scatola in legno, fotografie. Sono solo metamorfosi di un unico soggetto, passaggi che testimoniano la duttilità di una superficie organica. L’inconsistenza della morte.

Andrea Tinterri

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Fiori e frutti appaiono e si alternano sul fondo della notte, mescolando i bianchi petali che  ondeggiano lievi e sfumano nel buio per poi disperdersi o accartocciarsi come inquiete e misteriose farfalle, e foglie ridotte all’essenzialità.

Sergio Garbato

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